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Asia Bibi e l’islam legale

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Asia BibiIn questi ultimi mesi abbiamo avuto modo di conoscere il “volto criminale” dell’islam estremista rappresentato dai fanatici dell’Isis che tagliano gole, decapitano gli ostaggi, massacrano i bambini, stuprano le donne cristiane che non vogliono convertirsi.

Tutti più o meno si sono scandalizzati di fronte alle crude immagini diffuse da questi assassini, orgogliosi di sgozzare esseri umani come agnelli. Ma c’è un altro islam, un islam cosiddetto “legale”, che agisce apparentemente nel rispetto di leggi scritte, ma che ai nostri occhi appare ugualmente mostruoso. Questo islam ha il volto rispettabile dei giudici pachistani che hanno condannato a morte la cristiana Asia Bibi, con l’accusa di aver offeso il profeta Maometto, sulla base delle testimonianze di alcune donne musulmane chiaramente animate da pregiudizi anticristiani.

Asia Bibi rischia la vita a causa di una legge che condanna la blasfemia, introdotta nell’ordinamento giuridico del Pakistan da un autentico criminale, l’ex dittatore Zia, che dopo aver fatto impiccare l’ex presidente Alì Bhutto colpevole di voler laicizzare la società, ha introdotto questa vergognosa norma per assicurarsi l’appoggio dei fondamentalisti islamici.Una legge che viene utilizzata sistematicamente per reprimere le minoranza religiose, i cristiani su tutti.

Asia Bibi lavorava presso un appezzamento agricolo e un giorno, mentre stava prelevando dell’acqua da un pozzo, è stata aggredita da alcune donne musulmane secondo le quali lei, in quanto cristiana, non aveva diritto di attingere l’acqua. Asia si è difesa e le donne per tutta risposta l’hanno denunciata, sostenendo falsamente di averla udita bestemmiare Maometto e facendo scattare l’arresto. In carcere è stata torturata, stuprata, seviziata. Poi è arrivata la sentenza della giustizia pachistana che l’ha condannata a morte. Dal 2010 la donna è in attesa che inizi il processo d’appello, ma i giudici preposti prendono tempo facendo slittare continuamente le udienze.

Nessun magistrato pare voglia prendersi la responsabilità di giudicarla; in favore di Asia c’è stata infatti una forte mobilitazione internazionale partita dal Vaticano e dal mondo cattolico, ma che ha trovato sostegno anche nelle organizzazioni mondiali per la difesa dei diritti umani. Revocare la pena di morte comporterebbe però le dure proteste dei fondamentalisti islamici che in Pakistan sono purtroppo molto potenti. Meglio quindi che Asia resti in carcere in attesa di giudizio il più a lungo possibile, debilitata nel fisico dalle violenze subite e dalle condizioni di assoluto degrado in cui è detenuta, con la speranza che magari il cuore ceda del tutto (il che andando avanti di questo passo è molto probabile avvenga). Il problema sarebbe così automaticamente risolto.

Questo come detto è l’islam legale che si fa scudo delle leggi volute da uno dei dittatori più ripugnanti (il generale Zia) che la storia abbia mai conosciuto, per reprimere la libertà religiosa. Un islam che uccide i cristiani con le sentenze dei tribunali non è migliore dei miliziani dell’Isis che tagliano le gole.

La storia di Asia Bibi non è molto diversa da quella delle donne cristiane stuprate nei villaggi iracheni perché non accettano la conversione forzata imposta dai guerriglieri della morte, molto simili ai carcerieri della donna. Ecco, questo islam legalizzato sotto certi aspetti è anche peggiore dell’islam incappucciato e i giudici che in nome della legge condannano a morte una donna soltanto perché cristiana e per un reato odioso oltre che assurdo, nel mostrare il proprio volto non fanno che confermare la loro natura, non di giudici, ma di spietati carnefici.


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